Scopri il Territorio

Ti aiuteremo a conoscere le meraviglie del territorio, la Sardegna non è solo mare. Scoprirete l’escursione più adatta alle vostre esigenze: sportiva-naturalistica, storica-archeologica, enogastronomica. Concedetevi una giornata per scoprire le bellezze naturalistiche del vicino Parco Naturalistico di Monte Arcosu-Gutturu Mannu, scoprite la nostra storia millenaria visitando la Città di Cagliari oppure il famoso  sito Archeologico di Nora, riscoprite la nostra tradizione mineraria visitando il Parco Geominerario, e ancora non rinunciate a conoscere le nostre tradizioni popolari e la cucina del territorio. Scoprirete una Sardegna inaspettata.

Uta

Il territorio di Uta si caratterizza per la presenza di svariate aree di notevole interesse ambientale, paesaggistico e naturalistico, soprattutto nella zona di Monte Arcosu, che ospita l’Oasi del WWF, Sa Spindula, Monte Lattias etc.  In particolare, l’Oasi WWF consente di apprezzare numerosi “percorsi natura”, che possono essere visitati per ammirare le varietà di flora e fauna, nonchè gli splendidi paesaggi. Molto nota e di suggestiva bellezza è anche la cascata de Sa Spindula.
La vegetazione è quella tipica della macchia mediterranea, in prevalenza cisto (murdegu), lentischio (moddizzi) e mirto, mentre nelle zone montuose si trovano incantevoli foreste di leccio e di sughero. Nelle zone più declivi si trovano, inoltre, boschi di carrubi.
La fauna selvatica è costituita prevalentemente da cervi, cinghiali e daini, ma si possono trovare anche il gatto selvatico, la volpe, l’aquila, nonchè diverse varietà di rettili ed anfibi, come il geotritone sardo.
A nord-ovest del territorio sorge l’imponente Diga di Genna is Abis, sul Fiume Cixerri, che ha creato un grande invaso artificiale con una notevole riserva idrica.

L’area archeologica di Nora

Il centro urbano di Nora è espressione delle genti e delle culture che vissero e si manifestarono nell’isola dopo la fase nuragica. Nora è un centro urbano posizionato sul promontorio del capo di Pula. Un istmo collega il promontorio alla terraferma. L’impatto paesaggistico è dirompente: lo sguardo spazia tra mare e cielo, generando in noi sensazioni uniche. Città di fondazione fenicia, poi occupata dai Cartaginesi e infine dai romani dopo il 238 a.C. La gran parte delle evidenze architettoniche oggi visitabili sono espressione proprio della fase di occupazione romana. Tra queste meritano di essere menzionate le strutture termali e il teatro. Ma più in generale è l’intero impianto urbano che affascina nella sua capacità di far ancora trasparire vita dietro le strutture lacerate dal tempo. Da questo sito proviene una delle iscrizioni fenicie più antiche dell’intero Mediterraneo, datata intorno al 900 a.C. Questa è stata, dunque, a lungo, la datazione proposta per la fondazione della città. Scavi recenti stanno mettendo in seria crisi questo dato. Ma è presto – lo è sempre, forse – per giungere a considerazioni più definitive.

La necropoli di Montessu a Villaperuccio

‘Necropoli’ significa, letteralmente: ‘citta dei morti’. Ebbene, se esiste un luogo che merita questo appellativo, è certamente quello che ci apprestiamo a visitare: una quarantina di ‘domus de janas’ – le ‘case delle fate’ secondo la denominazione popolare – scavate nella roccia delle pareti di una sorta di anfiteatro naturale di rara bellezza. Le tipologie delle grotte sono differenti. Quelle più semplici presentano una sola camera a volta curvilinea. La maggior parte delle tombe sono però a schema pluricellulare, con camera maggiore circondata da più nicchie sopraelevate, preceduta da vestibolo curvilineo o rettangolare. L’accesso alle tombe avveniva attraverso un ingesso chiuso da portello di pietra incassato in riseghe o in cavità scavate sulla soglia. Incontriamo anche tombe con ambienti quadrangolari, profondi vestiboli in parte ricavati nella roccia e in parte delimitati da strutture ad ortostati, un’anticella e due camere disposte in successione assiale longitudinale. I corredi funerari venivano posti in cavità, nicchiette e coppelle. Queste ultime sono forse connesse anche con i rituali di culto della dea-madre neolitica. Le domus de janas sono state realizzate nel Neolitico Finale (3200 – 2800 a.C.) e poi utilizzate ancora nel’Eneolitico Recente fino al Bronzo Antico (2400 – 1600 a.C.).

Nuraghe Su Nuraxi di Barumini

Uno dei paesi più importanti dal punto di vista archeologico è sicuramente Barumini, e in quel luogo, Su Nuraxi, suo cuore mitico, vivo e pulsante. Come ci dice lo stesso nome, non ‘un’ nuraghe, ma ‘il’ nuraghe. Non il più antico, il più grande, il più integro, il più bello della Sardegna. Semplicemente, il monumento che ha generato la storia della ricerca archeologica in Sardegna. Il luogo in cui Giovanni Lilliu ha scoperto scientificamente il nuraghe – l’esistenza fisica era già nota a tutti, in paese – e ha ‘inventato’ il modello interpretativo che chiamiamo ‘civiltà nuragica’. È la sacralità stessa della ricerca che ci attende tra queste mura. È qui che ci accoglie un monumento scuro per le pietre in basalto che lo compongono, imponente massiccio. Un quadrilobato con potente mastio centrale e quattro torri raccordate da cortine murarie rettilinee. Un antemurale a cinque torri. Un ampio villaggio lo contorna, testimone di secoli di vita e di trasformazioni. Capanne arcaiche e ambienti a sviluppo centripeto ci consentono di viaggiare fisicamente nel tempo. Un arco cronologico che dal 1400 a.C. si snoda per le fasi successive per giungere alla distruzione del complesso alla fine dell’Età del Ferro (800 a.C). Ma in età romana e in quella alto-medievale la vita lo raggiunge ancora sporadicamente.

La miniera di San Leone

La miniera deve il nome all’ingegnere Lèon Goüdin, originario di Tours, in Francia, proveniente da una nobile famiglia. Nel 1861 questo vero e proprio pioniere scoprì in località “Cirifoddi” diversi giacimenti di ferro e pensò a come poterli sfruttare al meglio. Due anni dopo, la società Petin-Gaudet finanziò i progetti di Goüdin e lo nominò direttore. Fu un incarico che portò nella nostra isola grandi innovazioni. Goüdin, con appositi bastimenti, fece giungere agli stabilimenti siderurgici della Francia i minerali per ricavarne ghisa e acciaio. Si innamorò ben presto della Sardegna, girandola in lungo e in largo, sia da ingegnere minerario che da archeologo. 20 km di gallerie sotterranee percorribili: alcune, soggette a crolli, si dipanano in quest’oasi che occupa 270 mila metri quadri di superficie boschiva, a tratti interrotta bruscamente da cave a cielo aperto. Sotto di esse, sconfinate camere con imponenti pilastri di sostegno, ricavati nella roccia. Nella strada sterrata e polverosa, poco oltre l’ingresso della miniera, troviamo una stazioncina ferroviaria, dalla quale, nella seconda metà dell’Ottocento, ebbe inizio il viaggio del primo convoglio ferroviario della Sardegna. La locomotiva era diretta al pontile per l’imbarco del minerale, nella spiaggia di Maramura. Un giorno visitò la miniera anche Umberto di Savoia: con altri personaggi invitati da Goüdin. La miniera di San Leone si trova a 5 km da Corte Boero percorrendo la strada provinciale 1 direzione Santadi.

L'oasi Naturalistica WWF di Monte Arcosu

Il complesso forestale di Monte Arcosu costituisce la foresta di macchia mediterranea più estesa dell'intero bacino del Mediterraneo. L'Oasi di Monte Arcosu si trova all'interno di un Sito d'Importanza Comunitaria nei Comuni di Uta, Assemini e Siliqua (Ca). L'area dell'Oasi è di 3600 ettari. Per chi entra nella Riserva WWF di Monte Arcosu, a un passo da Cagliari, sembra di vivere in un documentario di cui, finalmente, si è anche un pò protagonisti. E' uno dei pochi parchi naturali dell'isola più ammirati del Mediterraneo, uno degli ultimi regni del cervo sardo, uno scrigno di biodiversità. Aperta tutto l’anno il sabato e la domenica (autunno, inverno e primavera dalle h. 9.00 alle 18.00; estate dalle 8.00 alle 19.00; agosto solo su prenotazione). Chiusa il 25 dicembre e il 1 gennaio. Gruppi e scolaresche su prenotazione. I sentieri si possono percorrere anche con visita guidata, su prenotazione. Dal 15 luglio al 15 settembre sarà possibile visitare l’Oasi soltanto con visita guidata. La prenotazione della visita è obbligatoria e le visite saranno effettuate per un minimo di 8 partecipanti.

Le saline di Conti Vecchi

Sui 2700 ettari dello stagno di Santa Gilla si estendono le saline più longeve della Sardegna: da quasi 90 anni, uomo e natura lavorano qui in perfetta sinergia grazie alla lungimirante impresa dell’Ing. Conti Vecchi che, alla fine degli anni 20, realizzò un ambizioso progetto per bonificare lo stagno impiantandovi una colossale salina e contribuendo così allo sviluppo economico e sociale di questa zona depressa ai margini della città. Ne nacque una realtà industriale florida, virtuosa e all’avanguardia: un impianto produttivo eco-sostenibile e autosufficiente intorno al quale orbitava una ‘comunità del sale’ dotata di case, scuole e strutture ricreative per le famiglie di proprietari, dirigenti e operai che convivevano nel villaggio di Macchiareddu. Dopo la guerra, negli anni ’70 il complesso passò alla SIR Rumianca e nel 1984, a seguito della crisi energetica e industriale, venne assegnato ex lege a Eni che nel 2017 ha affidato al FAI la valorizzazione di questo patrimonio culturale e paesaggistico. Una vicenda divenuta oggi un racconto in cui immergersi percorrendo gli ambienti storici di Direzione, Uffici e Laboratorio chimico, ripristinati nell’aspetto originale, così com’erano negli anni ‘30. Un salto nel tempo che si accompagna a grandi ed evocative videoproiezioni nell’Officina e nell’ex-Falegnameria, dedicate alla storia e al funzionamento delle Saline e al loro paesaggio dove, infine, ci si addentra a bordo di un apposito convoglio lungo un itinerario che si snoda tra vasche salanti e candide montagne di sale, immersi in un inconsueto e memorabile scenario popolato da centinaia di fenicotteri rosa.